Vomero Liberty Caccia alle architetture floreali del ‘900
Se cercate il Liberty partenopeo, fate una passeggiata al Vomero.
Tra il XIX e il XX secolo, la ‘corrente floreale’ è stata la risposta delle arti figurative e di quelle applicate agli effetti collaterali dell’industrializzazione e della produzione in serie. Da una parte, c’era il pericolo di una progressiva uniformazione del linguaggio da allontanare; dall’altra, nuove potenzialità tecnologiche da sfruttare. Pur partendo dagli stessi principi, l’Arts & Crafts inglese, L’Art Nouveau franco-belga, il Secessionismo viennese e il Modernismo spagnolo sono ben distinti tra loro: ogni paese ha reinterpretato gli stilemi della propria tradizione locale in chiave moderna. In Italia, il Liberty è il biglietto da visita formale della nuova borghesia dell’epoca: quella che si fa largo, alla fine dell’800, sulla collina vomerese.
Coeva alla nuova corrente artistica, l’urbanizzazione del nuovo quartiere collinare fu possibile soprattutto grazie alla realizzazione delle due funicolari, quella di Chiaia nel 1889 e quella di Montesanto nel 1891. È quest’ultima stazione, a valle, che introduce la nostra passeggiata tematica: l’edificio originale (1882), monumento nazionale, riprendeva l’estetica del ferro battuto e del vetro, cara a Viollet-le Duc, padre dell’Art Nouveau. Arrivati su, a via Morghen, siamo nel cuore del primo ampliamento collinare (1889), tra via Scarlatti e via Luca Giordano. L’impianto urbano, neo-rinascimentale, fu presto criticato con durezza: “pur essendo il Vomero ubicato su una collina esposta a Mezzogiorno e prospiciente il mare, dalle strade e dalle case sono quasi totalmente precluse le visuali verso il paesaggio sottostante” (R. De Fusco). Eppure, qui, gli esempi più spettacolari di architettura d’inizio secolo sono tali, proprio perché hanno un rapporto visivo privilegiato col mare. Infiliamoci, infatti, tra i budelli a est della Floridiana, tra via Cimarosa e via Palizzi, dove il tessuto urbano segue con dolcezza la morfologia della collina.
Imbocchiamo via Mancini: ecco i primi esperimenti di Liberty napoletano, risalenti al 1900, di Antonio Curri (progettista del celebre Caffè Gambrinus). Come Villa Maria, al n.38: l’impianto neoclassico è alleggerito dagli stucchi floreali, che si rincorrono lungo le facciate. Altra opera suggestiva di Curri si trova più in basso, in via Sanfelice. Si tratta di Villa La Santarella, un piccolo castello in stile neorinascimentale, che il commediografo Eduardo Scarpetta fece costruire grazie ai proventi dell’omonima commedia. Sulla facciata volle scrivere: “Qui rido io”. Facile capirne il perché: non è l’opulenza della villa a stupire, ma la ritrovata vista del mare, su cui si affacciano i tornanti delle vie Sanfelice-Palizzi-Toma. È proprio in questa zona che troviamo gli esempi di Liberty più belli: al n.18 di via Toma sorge Villa Loreley (1911), di Adolfo Avena. La veranda angolare, scandita da una sequenza di archi ribassati su colonne sottili, offre una vista mozzafiato sul golfo. Svoltando su via Palizzi, ecco, al n.15, un’altra opera di Avena: è Villa Pansini (1922), che svetta, in azzurro polvere, per quattro piani, ritmata da alte finestre dalle cornici bianche, decorate con sobria eleganza. Chiudiamo la sequenza nell’ultimo tornante, con due bellezze che si fronteggiano: Villa Ascarelli (Avena, 1914) e la Palazzina Russo Ermolli (Sorrentino, 1918). Quella di Avena è una delle prime strutture a utilizzare il cemento armato. La plasticità della forma, che curva insieme alla strada, il lungo taglio vetrato sul corpo scala, le decorazioni essenziali la accostano agli esempi di proto-razionalismo austriaco. La seconda presenta, invece, un apparato decorativo assai elaborato, tendente al Secessionismo viennese. La passeggiata è stata lunga e potrebbe prolungarsi: risalendo un po’, potremmo prendere l’altra linea della funicolare, a Palazzolo, fino a Parco Margherita. Da lì, scoprire le bellezze Liberty di Chiaia. Oppure, proseguire ancora per un po’ lungo via Palizzi, fino a dove gli edifici sul fronte a valle spariscono e la strada si apre sul vasto panorama marittimo: un bel posto in cui riposare gli occhi, ringraziando la ‘città alta’ per la sua capacità di sorprendere la nostra immaginazione.
Anna Sirica
Commenti
No Banner to display
“Ponte di via S. Giacomo dei Capri: i soldi ci sono”
Aldo Masullo riceve la cittadinanza onoraria
Napoli Comics chiude i fumetti perdono la casa
Dai principi di Santobono all’Ospedale pediatrico
La moda al Vomero indossa il nastro rosa in favore dell’ Airc.