La Certosa di San Martino: esempio di realtà in progress
Micco Spadaro il cronista della Napoli del 1600
La certosa di San Martino, così nominata perché abitata un tempo dai Certosini, oggi è un Museo Nazionale, è il luogo della memoria storica, testimonianza viva della civiltà artistica di Napoli, per i suoi cimeli di inestimabile valore. In essa sono raccolte ed esposte opere che raccontano la storia di Napoli e della Sicilia prima e dopo il Regno delle Due Sicilie. Si tratta di uno dei più importanti complessi monumentali religiosi della città, esempio di architettura e arte barocca, oggi fulcro della pittura napoletana del 1600.
La ricchezza di tesori e d’arte, unita all’incantevole posizione, fanno del complesso monastico della Certosa, un universo di meraviglie, un mondo fantastico, meta prediletta di viaggiatori, letterati ed eruditi. All’indomani dell’Unità d’Italia, inclusa tra i beni ecclesiastici soppressi, fu dichiarata monumento nazionale. Nel 1866, poi, per volontà dell’archeologo Giuseppe Fiorelli, gli ambienti furono destinati a raccogliere in un museo le testimonianze della storia di Napoli. Nel corso dei secoli un patrimonio artistico e storico di assoluto prestigio, costituito da dipinti, sculture, marmi ed affreschi, ha arricchito gli ambienti della Certosa, tanto da indicarla come uno dei principali musei della città ed un esempio di realtà in progress. L’ultimo capolavoro acquisito è l’“Eruzione del Vesuvio del 1631”, un dipinto di Domenico Gargiulo, noto come Micco Spadaro. Un vero capolavoro del Seicento, esposto nella Sezione ‘Immagini e memorie della città’, assieme alle altre due tele di Spadaro già in possesso del Museo: “La rivolta di Masaniello del 1647” e “La piazza di Mercatello a Napoli durante la peste del 1656”. Il nuovo acquisto del Ministero dei Beni Culturali e del Turismo ricompone così il ciclo dei dipinti che raffigurano gli eventi più importanti della storia di Napoli nel ‘600. Domenico Gargiulo, testimone visivo e cronista degli eventi storici del ‘600, dipinge con talento, in tutte e tre le sue opere, la tragedia, il dramma che la città sta vivendo, attraverso la viva partecipazione del suo popolo. Una partecipazione non fredda, ma carica di dolore per l’imminente catastrofe. Lo stile e l’originalità con cui Micco Spadaro presenta le scene di vita quotidiana e la folla di personaggi, lo indicano come uno degli artisti più originali e virtuosi della pittura vedutista napoletana. Nella “Eruzione del Vesuvio del 1631” è raffigurata la processione, con il busto e le ampolle di San Gennaro, insieme ai busti degli altri santi protettori, all’indomani dell’eruzione del Vesuvio, avvenuta nella notte tra il 15 ed il 16 dicembre del 1631, dopo violente scosse di terremoto. Il popolo sconvolto si inginocchia devotamente al passaggio delle sacre reliquie, mentre nel cielo si staglia la figura di San Gennaro in volo su di una nuvola, accompagnato da una ghirlanda di Angeli, nell’atto di fermare con le braccia la nube venefica che stava per colpire Napoli. Nel quadro dipinto per primo, “La rivolta di Masaniello”, il luogo rappresentato è la piazza del Mercato, che ricorda la rivoluzione del 1647 contro il vicereame spagnolo nel Regno di Napoli. Nel secondo dipinto, “La peste del 1656”, Micco Spadaro raffigura l’epidemia che uccise circa metà della popolazione napoletana. Il dipinto illustra il largo del Mercatello, trasformato, poi, per volontà del re Carlo di Borbone, con un emiciclo disegnato dal famoso Luigi Vanvitelli, in Foro Carolino, oggi piazza Dante.Micco Spadaro dipinge la tragedia in una forma decisamente drammatica, dove scorrono scene strazianti di raccolta di cadaveri appestati e scene di figure concitate, mentre nel cielo si staglia la figura della Vergine che implora pietà alla divina spada punitrice. Micco Spadaro contribuì con il proprio talento a far sì che il 1600 divenisse il secolo d’oro della pittura napoletana.
Ersilia Di Palo
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