Salvo D’Acquisto: il ricordo di un Eroe
N el lontano 23 settembre 1943 un giovane morendo innocente, al posto di 22 civili rastrellati dai tedeschi per una rappresaglia, è stato esempio di grande altruismo e generosità diventando un vero eroe. Salvo D’Acquisto, questo il suo nome, era figlio di Napoli, un napoletano del Vomero. Nato a via San Gennaro Antignano il 15 ottobre del 1920, dal padre Salvatore (palermitano) e dalla madre Ines Marignetti (napoletana), primo di cinque fratelli.
Battezzato nella parrocchia di San Gennaro, frequenta nel quartiere tutte le scuole nel quartiere fino al diploma: l’asilo presso l’Istituto delle figlie di Maria Ausiliatrice, le elementari alla scuola Vanvitelli e due anni di superiori presso l’Istituto dei Salesiani.
La mamma raccontava: “andava dai Salesiani, non era un convittore ma frequentava l’oratorio, infatti, andava la mattina e si tratteneva fino all’imbrunire, quando il padre di ritorno dal lavoro passava a prenderlo. Cosa faceva? Andava a scuola, a refezione, al doposcuola e poi giocava; gli piacevano diversi sport e fra loro preferiva il calcio. Gli piaceva leggere. Tutti i soldi che gli regalavamo, li spendeva per comprare libri; gli piaceva studiare e negli studi riusciva bene, inoltre, avendo una bella voce, cantava nel coro dell’Orchestra Scarlatti di Napoli”.
I dati di un primo profilo del ragazzo ce li racconta sempre la madre in una affettuosa lettera inviata al primo biografo di Salvo D’Acquisto, il generale dei Carabinieri Filippo Caruso: “Il mio povero figlio Salvo D’Acquisto nacque a Napoli il 15 ottobre 1920. La sua infanzia la trascorse nel sano morale ambiente della sua famiglia religiosa ed onesta; non conobbe egli agiatezze e non ebbe, perciò, col passare degli anni, né vizi né difetti. Vivendo così, formò il suo carattere serio e riservato. La bontà era una sua particolare virtù e quando poteva compiere una buona azione sapeva anche essere discreto. (…) Al compimento del 18° anno si arruolò nell’Arma dei Carabinieri, dove hanno militato, per tradizione, vari congiunti di famiglia; egli amava la Patria e l’Arma come la sua famiglia e questo amore diffondeva fra i suoi colleghi e fra quanti contattava; e, sempre per il suo carattere buono, improntato a giustizia, riscuoteva molta stima ed affetto.
Dalla sua innata bontà, nel vedere la sua Patria martoriata, mentre egli ne sperava un grande destino, nel vedere il popolo avvilito e depresso, dovette scaturire il grande sacrificio di immolarsi per l’altrui salvezza. Questo in complesso ciò che le ho saputo segnalare, mentre altri particolari minuziosi della sua vita non li so descrivere; spero di avere, nel mio possibile, aderito alla sua richiesta. Si abbia i miei ossequi uniti a quelli di mio marito”.
Forse il modo migliore per rivivere il momento del martirio è la testimonianza del più giovane dei sopravvissuti, Angelo Amadio, all’epoca diciassettenne, che scambiato inizialmente dai tedeschi anche lui per un Carabiniere e riuscendo a dimostrare solo all’ultimo momento, grazie ad una tessera che aveva con sé, di essere un operaio delle Ferrovie, fu costretto a rimanere sul posto dell’esecuzione mentre gli altri 21 ostaggi erano stati già allontanati.
“Uno dei soldati – raccontava Amadio -, (…) quasi furente di vedermi sfuggire alla morte, mi rincorse e, raggiuntomi, mi vibrò ancora un tremendo pugno alla guancia. Pochi momenti dopo sentii una voce secca, quasi metallica: ‘Viva l’Italia!’ e contemporaneamente una scarica.
Mi voltai istintivamente, temendo che fosse stata sparata contro di me. Feci appena in tempo a vedere l’eroe impallidire e cadere riverso nella fossa che avevano scavata per noi, mentre la sua camicia bianca si tingeva di chiazze rosse di sangue, come le bande rosse dei suoi pantaloni. Un maresciallo tedesco sparò ancora sul povero corpo poi, tutti insieme, i soldati spinsero col piede un po’ di terriccio sul cadavere e s’allontanarono”.
La salma di Salvo D’Acquisto fu trasportata da Torre di Polidoro (Roma), luogo del martirio dove era stato venerato per quattro anni, a Napoli nel giugno 1947 e fu riposta nel Mausoleo di Posillipo accanto ai caduti per la Patria. Il 23 ottobre 1986 fu trasferita nella Basilica di Santa Chiara, dove tutt’ora riposa.
Già nel 1971 la città di Napoli aveva dedicato un monumento all’eroico vice-brigadiere dei Carabinieri, quello posto in piazza Carità oggi piazza Salvo D’Acquisto.
Nel 1981 l’associazione ex allievi Salesiani Vomero è stata intitolata a Salvo D’Acquisto e contemporaneamente, nella sala d’ingresso del teatro, veniva installato un pregevole monumento all’eroe.
Nel 2001 anche la scuola elementare “Luigi Vanvitelli” del Vomero ha voluto ricordare il suo ex allievo ponendo al lato dell’ingresso principale una statua in bronzo di Salvo D’Acquisto rappresentato in giovane età. Il già citato generale Caruso commentò: “Il piccolo studente del ginnasio dei Salesiani ed il soldato si son dati la mano, hanno fuso le loro anime in una sola e ne è venuto fuori il martire, l’eroe, il Santo”.
Un’altra testimonianza è pervenuta dal missionario Salesiano in Giappone padre Leone Maria Liviabella, che nel 1953 paragonava la figura di Salvo D’Acquisto a quella di padre Massimiliano Kolbe.
Rispondendo a una lettera della mamma di Salvo, don Liviabella così si esprimeva: “…Ella, poi, è la madre di un martire e per me ricevere una sua lettera è un gran bel dono.
Si racconta di un padre francescano, che io ho conosciuto in Giappone, il quale siccome i tedeschi avevano stabilito di decimare i prigionieri di un campo di concentramento, sentito uno dei morituri che disse ‘povera moglie mia, poveri figli miei!’, si offrì in cambio e morì al loro posto.
Suo figlio ha fatto lo stesso. Beata lei che ha avuto un tal figlio! Il 23 settembre, anniversario della sua morte, ricorderò la sua anima, ma non credo ci sia bisogno…”.
Non poteva mancare, infine, la bellissima testimonianza del 9 aprile 1983 quando Papa Giovanni Paolo Il ha presentato Salvo ai giovani definendolo “luminoso esempio di abnegazione e di sacrificio”.
Aldo Mazza
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