L’usura cambia ma non lascia il Vomero
L’ultimo di una serie di episodi intimidatori è avvenuto in via San Giacomo di Capri dove il proprietario di un supermercato, all’orario di apertura, ha trovato della benzina sparsa sulla saracinesca. L’usura, così come il racket, è un male che purtroppo continua ad alimentarsi in una zona ad alta presenza di attività commerciali. Il problema riguarda tutta la città. E, visto che molti negozi sono gestiti, direttamente o indirettamente, da famiglie legate in qualche modo ai clan della camorra, negli ultimi anni racket e usura sono indirizzati soprattutto nei confronti degli imprenditori edili. Non è un caso se, al Vomero, nel 2015 i carabinieri arrestano un usuraio mentre avvicina un imprenditore edile e, con minacce, si fa consegnare quindici cambiali per complessivi 150 mila euro a saldo di un debito contratto. La vittima, a fronte di un prestito di 45 mila euro ricevuto dall’usuraio nell’ottobre del 2013, era stato costretto, con minacce sempre più gravi, ad impegnarsi a restituire in totale 150 mila euro. Una cifra più che triplicata. A Napoli l’usuraio, storicamente, si confonde tra le persone di famiglia. Si pone come un amico di famiglia, un benefattore, una persona pronta a capire le tue esigenze e le tue difficoltà per aiutarti prestandosi dei soldi che lui ha. Poi, quando non paghi, vieni lasciato solo (anche dall’amico di famiglia che ti aveva presentato l’usuraio) ed inizia la persecuzione. Viene a trovarti a casa o al negozio, prima ti chiede i soldi poi ti “induce” a pagare. Vieni picchiato, vieni messo appeso fuori al balcone oppure chiuso in uno scantinato con un cane a farti da guardia. Prima o poi saldi il tuo debito, o lo fai oppure l’usuraio si prende tutto quello che hai: casa, negozio, beni. A volte l’usuraio fa firmare alla vittima una cessione della propria attività commerciale in bianco, usandola come garanzia e come arma per ricattare il malcapitato. Eppure si reputa un benefattore, si innervosisce se viene chiamato “usuraio” e ribadisce che i soldi sono suoi per cui è lui che fa un piacere a te. A Napoli molte persone dicono apertamente che per lavoro “vendono i soldi” come fosse una cosa normalissima. Un lavoro come un altro. Che fai? “Veng e sord”. Non si parla quasi mai di interessi ma di “favori”: io faccio un favore a te (prestandoti i miei soldi) e tu ne fai uno a me (restituendomi una cifra più grande). Ma oltre all’usuraio classico, quello che a Roma ma anche a Napoli viene chiamato “cravattaro” di quartiere, quasi un benefattore accomodante (all’inizio) che viene in aiuto della sua vittima, da qualche anno si sta facendo spazio nella società il nuovo usuraio: l’usuraio 2.0 è il “colletto bianco”. Giovane, presunto consulente finanziario, istruito, sicuro, oppure spesso si avvale di commercialisti, avvocati, bancari, figure usate specialmente dalle organizzazioni mafiose. Il colletto bianco, così come l’usuraio vecchio stampo, dà l’impressione di poter risolvere con facilità e senza troppi oneri tutti i problemi della vittima di turno. Ma come si arriva a questa figura? Avvalendosi direttamente di essa e dell’associazione mafiosa, che svolge una vera e propria attività parabancaria, in cui oltre a riciclare denaro è un mezzo d’acquisizione e controllo di attività commerciali e imprese di cui fa parte, oppure tramite la figura del mediatore, che procaccia clienti all’usuraio. Spesso è un amico, un conoscente, un collega che indica la persona giusta cui rivolgersi. A volte il metodo di adescamento è ancora più subdolo perché si presenta come una persona usurata e quindi anch’essa disperata. Vincenzo Perrotta, decano dei tabaccai vomeresi e presidente di Confimprese Napoli, ha subito due furti pochi mesi fa. Forse dietro ai furti potrebbe esserci un messaggio intimidatorio arrivato pochi giorni dopo la sua costituzione come parte civile in un processo per usura a danno di due tabaccai iscritti a Confimprese. “Il fenomeno dell’usura – spiega Perrotta – sta diventando, in questi anni di crisi, un qualcosa di molto pervasivo nel sistema commerciale. Teniamo presente che l’usura parte storicamente nei quartieri popolari ed era di prossimità per sopperire alla mancanza di sussistenza economica alle famiglie. Strada facendo è diventata, nei fatti, la sostituzione per le imprese del “credit crunch” e ha diverse opzioni da presentare. Quella cruenta fatta dal camorrista rude che viene, ti presta i soldi e poi ti picchia finché non gli dai i soldi con gli interessi e poi c’è quella pervasiva che diventa di prossimità aziendale che nasce dopo il diniego da parte delle banche di darti credito o di chiuderti il credito e passi all’amico di turno che ti presenta il fiscalista, l’avvocato o il dottore commercialista che ha il segreto, la pozione magica per farti avere di nuovo i soldi. Questo – prosegue Perrotta – si traduce in un cavallo di troia che entra nella tua azienda e punta ad espugnarti, soprattutto nei centro storici più ambiti, dove addirittura abbiamo avuto coscienza, come Confimprese Napoli e Confimprese Italia, che il pegno per la mancata restituzione dei soldi diventata una cessione d’azienda firmata senza data e con le cifre da destinare in modo che il maltorto divenisse legale con una transazione fatta e quindi con una scrittura che validasse gli importi ricevuti che poi non sono altro che moltiplicatori degli interessi fantasmagorici che portano all’espugnazione dell’attività e di tutto quanto il titolare possieda. Noi in questo momento siamo parte civile come Confimprese Italia e Confimprese Napoli in un processo che vede coinvolti due nostri colleghi tabaccai si sono trovati nel tipo di difficoltà appena descritta e che poi, per fatal combinazione, gli assegni che progressivamente crescevano mensilmente sono stati trovati dalla Guardia di Finanza in aree del Casertano. A questa indagine fatta dalla Finanza sono stati contattati i nostri due colleghi che alla fine poi hanno denunciato e si è incamminato un processo a danno di questi signori usurai che poi, a loro volta, erano commercianti anch’essi e quindi avevano ben capito come farsi trasferire attività commerciali ed immobili di questi signori”. Un fenomeno, quello usuraio, che oggi è incardinato anche nel sistema malavitoso. “Ultimamente abbiamo constatato – spiega Perrotta – l’impennata del credito usuraio, e ciò è avvenuto all’indomani della crisi economica. Tra il 2010 e il 2012 abbiamo avuto un incremento del credito usuraio a Napoli e in Campania del 150-180 per cento. In Italia, soprattutto nelle zone maggiormente prolifiche di piccole imprese come Veneto, Lombardia, Piemonte e Centro Italia, questa cose si è innescata allo stesso modo”. E le modalità di approccio alla vittima sono studiate nei minimi dettagli. “L’obiettivo dell’usuraio è farti credere che lui può toglierti il problema, renderti facile la cosa, anche se tratterà sulla cifra da prestarti: se ti servono trenta mila euro te ne offre venticinque perché anche lui è in difficoltà in questo periodo”. Un modo per dimostrare la sua generosità. “Inizialmente si pone come un amico – afferma ancora Vincenzo Perrotta – che si rende conto della tua situazione e ti aiuta, quasi un benefattore. Spesso viene affiancato da una persona che la vittima conosce e che prima ti garantisce per lui e poi sparisce lasciando la vittima sola davanti al carnefice che poi si toglie la maschera e diventa un cerbero che vuole solo che tu paghi altrimenti o ti fa picchiare oppure ti fa discreditare socialmente, cosa molto grave per un commerciante. Per i commercianti la propria azienda è come una pelle sociale, è un momento in cui tu sancisci all’esterno la tua sconfitta e quindi diventi un pezzo sbagliato della società che ha perso la sua sfida e la sua impresa”.
Negli ultimi cinque anni, in Italia, si sono verificati più di 1600 suicidi da impresa. Vicende tragiche se ne sono verificate purtroppo anche a Napoli. “Ricordo quel commerciante di via Duomo – afferma Perrotta – che si impiccò nel suo soppalco proprio perché aveva ricevuto un diniego da parte della banca. Il suicidio è difficile da raccontare, è certamente un momento di disperazione e coraggio allo stesso tempo ma è anche fortemente spinto dalla solitudine, sia quella sociale che quella familiare. E’ difficile spiegare alla propria famiglia che mentre tu avevi un tenore di vita di primo livello, nel giro di pochi mesi sei passato ad un livello inferiore e con te tutta la tua famiglia. Un altro episodio raccapricciante – racconta Perrotta – fu quello avvenuto non molto tempo fa a Napoli, riguardante un immobiliarista del Vomero che aveva già tentato il suicidio nel Parco Virgiliano ma fu salvato dalla polizia. Nel frattempo però aveva perso la credibilità bancaria perché aveva ricevuto una cartella esattoriale importante ed essendo “esposto” gli avevano chiuso il conto. Quindi lui aveva perso la credibilità bancaria che significa non poter avere una carta di credito e quindi non poter fare quasi nulla, nemmeno un contratto telefonico, e così dopo dieci giorni si lanciò dall’ottavo piano del suo palazzo e fu trovato morto dai figli. Questo è un altro fenomeno innescato dall’usura bancaria – dichiara Perrotta – . La banca quando ritiene che non sei più solvibile o ritiene di chiudere delle posizioni che sono a rischio, e non sappiamo il rischio chi lo stabilisce, ti fa fuori dal circuito, questa cosa ti toglie dal sistema e tu diventi un soggetto da evitare a livello bancario e non hai nemmeno titolo per contestare ipercifre di costi che ti sono state applicate sul conto. Tutto ciò induce all’usura. La banca ritiene di chiuderti e ti segnala in tutte le Crif (le banche dati dei cattivi pagatori, ndr) e in tutti i sistemi di unzione bancaria che poi non ti cancellano più”. A questo punto l’unico in grado di farti credito è l’usuraio. “Questo è un esempio di come lo Stato lascia soli i cittadini – conclude Perrotta – perché quelle stesse banche che danno tanti soldi ai grani nomi, dai piccoli nomi pretendono anche il sangue che è nelle loro vene”.
Alessandro Migliaccio
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