Opere architettoniche di Napoli: la galleria borbonica
La Galleria Borbonica è una straordinaria opera ottocentesca, espressione e vanto dell’ingegneria civile borbonica. Dopo quasi un secolo e mezzo di abbandono, nel 2005 è ritornata alla luce, grazie alla scoperta e all’impegno dei geologi Gianluca Minin, Presidente dell’Associazione Borbonica Sotterranea, ed Enzo De Luzio, i quali, con ostinazione, hanno creduto in un progetto di recupero della galleria, inizialmente impossibile. Gianluca Minin, direttore tecnico della Ingeo S.r.l, lavorando in attività di verifiche statiche e di messa in sicurezza delle cavità presenti nel sottosuolo di Napoli, durante alcuni rilievi, scendendo da un pozzo, si è trovato nella Galleria Borbonica, invasa da tonnellate di rifiuti e detriti, che toccavano anche i 10 metri di altezza, sversati abusivamente negli ultimi 30 anni. Avendo ottenuto dal Demanio di Stato la concessione del sottosuolo, ha dato inizio, ad una grandiosa opera di bonifica, di pulitura e restauro della Galleria, restituendo così a Napoli una delle meraviglie del mondo. La Galleria, voluta da Ferdinando II di Borbone, rientrava nell’ambito delle opere pubbliche, tuttavia il suo vero fine era militare. Ferdinando II di Borbone, reduce dal pericolo dei moti rivoluzionari del 1848, il 19 febbraio del 1853 incaricò l’architetto Enrico Alvino di progettare un percorso strategico- militare rapido, in difesa della Reggia, una sicura via di fuga per i sovrani, che, attraversando il Monte Echia, congiungesse Palazzo Reale con Piazza Vittoria. Il progetto dell’architetto Enrico Alvino prevedeva due gallerie per gli opposti sensi di marcia, in realtà il secondo senso di percorrenza, arrivò sotto piazza Carolina, alle spalle di piazza Plebiscito, ma non raggiunse mai il Palazzo Reale. I lavori, realizzati totalmente a mano, con picconi, martelli e cunei e con l’ausilio di illuminazione fornita da torce e candele, dopo tre anni, nel maggio del 1855, si interruppero per motivi economici ma anche per l’avvicinarsi di quegli avvenimenti politici che destabilizzarono il Regno delle Due Sicilie e che portarono in seguito all’Unità d’Italia. La Galleria, dimenticata per quasi un secolo, fu riscoperta per essere adoperata come rifugio dai napoletani durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, tra il 1939 e il 1945. Nel ricovero antiaereo trovarono dimora anche molti napoletani che avevano avuto le case distrutte dai 200 bombardamenti che colpirono Napoli. In tale occasione, per consentire un accesso sicuro alle persone, nel punto in cui erano terminati i lavori dell’architetto Alvino, fu fatta una scala a chiocciola, che permetteva l’accesso alla Galleria da Piazza Carolina. Gli ambienti limitrofi furono dotati di impianto elettrico e di servizi igienici, di brande per dormire e attrezzature per cucinare. A testimoniare quel triste periodo bellico, sono ancora in bella vista le scritte sui muri, auto e moto dell’epoca, una serie di reperti di vita quotidiana utilizzati dai rifugiati, e sei statue fasciste, tra le quali l’intero monumento funebre del fondatore del partito fascista napoletano, Aurelio Padovano. Mai Ferdinando II avrebbe immaginato che quel percorso sotterraneo avrebbe salvato la vita a migliaia di napoletani, compreso il nostro ex Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Tonino Persico, un farmacista, all’epoca un ragazzo, attualmente un simpatico novantenne, amico di Giorgio Napolitano, con l’aiuto degli speleologi, ha ritrovato in un andito, dimenticato per anni, la sua scritta ancora impressa sul muro :”Noi vivi”. Nell’immediato dopo guerra, fino al 1970, la galleria fu utilizzata come Deposito Giudiziale Comunale, luogo per immagazzinare auto e moto sequestrate, in quanto rubate o truccate, e tutto quanto veniva recuperato da sfratti e sequestri. Nel 2010, dopo cinque anni di ininterrotti lavori ad opera di Gianluca Minin ed Enzo De Fazio e del suo gruppo di straordinari seguaci, la Galleria borbonica ha aperto i battenti ai visitatori di tutto il mondo. I lavori di bonifica e restauro di nuove cavità e vecchie cisterne continuano senza sosta, per offrire ai visitatori nuovi percorsi e per garantire sicurezza. Oggi è possibile intraprendere, sotto il livello stradale, con una profondità di 15 metri, uno straordinario viaggio nel ventre di Napoli, forse il più affascinante e suggestivo della Napoli sotterranea.. Un viaggio magico, emozionante, dove si intrecciano diversi momenti della storia della città. Un’avventura da provare, che consente di ammirare pregevoli cisterne del ‘500 e del ‘600, di navigare su una zattera all’interno di una galleria della metropolitana abbandonata ed invasa dall’acqua; di addentrarsi nelle cave e nelle cisterne del Palazzo Serra di Cassano; di visitare i settori del ricovero bellico dove ancora riecheggiano le voci, i suoni, le storie di coloro che hanno animato e segnato quei luoghi, dove si rimane profondamente colpiti nel vedere le scale di accesso a vecchie cisterne consumate dalle migliaia e migliaia di piedi che correvano impauriti durante i bombardamenti tedeschi, dove commuove la storia dei pozzari che si calavano da pareti verticali, anche di qualche decina di metri, rischiando la vita ogni volta, per assicurare acqua pulita ai napoletani. La Galleria borbonica, patrimonio sottratto al degrado, è il luogo della memoria storica della nostra città, una testimonianza di civiltà e di cultura di inestimabile valore, un tesoro assolutamente da difendere. Oggi è al secondo posto, dopo la Cappella di San Severo, tra i luoghi più visitati di Napoli. Un risultato straordinario se si pensa che prima del 2010 era un luogo inaccessibile.
Ersilia Di Palo
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